di Andrea Lapegna
La Juventus batte la Roma nello scontro diretto, stacca i giallorossi in classifica, si laurea campione d’inverno con due giornate d’anticipo e lancia un ulteriore segnale al campionato. Prova generosa e convincente.
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Il mese di dicembre della Juventus è stato uno schizzo di dinamismo, ipercinetica e aggressività. Lo spaccato più intenso del campionato si era aperto con l’orribile trasferta di Marassi, aveva offerto immediato riscatto contro Atalanta e Torino (inframezzato da un allenamento di Champions) e chiuso con la sfida contro la Roma. Insomma, quattro gare di Serie A contro le quattro squadre che più di tutte giocano le proprie partite sul piano dell’intensità e della costante tensione verticale.
Uscita dalla terapia intensiva dopo la batosta con il Genoa, la Juventus ha compreso in realtà di avere le qualità per potersela giocare su quello stesso piano; le formazioni iniziali contro Atalanta e Torino sono un manifesto in questo senso, e gridano ai quattro venti: “sono più duro di te”. La Roma dal canto suo non ha entusiasmato contro il Milan, dove gli stenti tecnici di entrambe le squadre hanno favorito una partita bloccata, ma veniva comunque da 3 vittorie consecutive in Serie A.
Per l’attesissima sfida di sabato sera, le infermerie giocano il ruolo di protagoniste: la Juventus recupera piano piano i propri pezzi migliori. Con Chiellini già in campo da un paio di partite, Dybala centellinato per averlo al 100% proprio contro la Roma e Barzagli e Pjaca in panchina, la sala d’aspetto del J Medical si sta gradualmente svuotando. Processo meno netto per i capitolini invece, in emergenza sugli esterni: ai lungodegenti Vermaelen, Florenzi e Mario Rui si è aggiunto anche Bruno Peres, costringendo Spalletti a tirare a lucido Emerson Palmieri e a dirottare Rudiger nel ruolo di terzino destro. Con Salah arruolabile in extremis ma non ancora in condizione, l’allenatore giallorosso scommette a sorpresa su Gerson nel ruolo di mezz’ala destra.
Prendere le misure
Il copione della partita diviene chiaro sin dalle prime battute. Se il 4-3-1-2 bianconero è lampante anche solo alla lettura della formazione, la Roma assume un atteggiamento più camaleontico. La squadra capitolina “galleggia” infatti tra 4-3-3 e 4-2-3-1, a seconda della strutturazione del triangolo di centrocampo: l’ago della bilancia è Radja Nainggolan, ancora una volta pietra angolare della disposizione tattica giallorossa. Spalletti gli ha cucito addosso quel ruolo à la Perrotta, per cui a seconda della posizione del belga Perotti e Gerson si aprivano per permettergli di trovare la posizione tra i giocatori bianconeri e specialmente ai lati di Marchisio. Ad aggiungere pepe alla formazione giallorossa c’è un’asimmetria di fondo: tra i terzini Rudiger rimane sempre bloccato, quasi fosse un esterno di difesa a 3, mentre Emerson Palmieri sale ben oltre il centrocampo anche con la sfera in circolazione bassa.
Il triangolo rovesciato della Roma a centrocampo. Notare Perotti e Gerson apertissimi. Il 4-2-3-1 in fase di possesso diventa ancor più chiaro sulle passmap a fine partita.
Tra le fila bianconere invece il decisore del gioco è Pjanić. Al bosniaco viene affidato il compito di sporcare l’impostazione e il fraseggio tra Strootman e De Rossi; soprattutto, in fase di possesso posizionale, deve farsi trovare ai lati dei centrocampisti giallorossi per proporre ulteriori linee di passaggio diagonali alle mezz’ali. Grazie alla corsa verticale di Khedira e Sturaro, due abituati a riconquistare la palla e a proiettarsi in avanti, questo compito risulta ampiamente facilitato.
Nei primi minuti della partita, quando questi meccanismi funzionano, si vede un’ottima Juve: le buone combinazioni tra Pjanić e gli altri centrocampisti, e il lavoro di sponda di Higuaín e Mandžukić, consentono di mettere in inferiorità numerica un lato della difesa giallorossa (di preferenza il sinistro). Il modulo proposto da Spalletti, nonostante i generosi ripiegamenti di Nainggolan, pone il centrocampo giallorosso in inferiorità numerica nei confronti della controparte, e la velocità con cui i bianconeri riescono a far circolare il pallone ne espone ancor di più i limiti. La pigrizia con cui Gerson rientra, invece, ne acuisce le criticità quando è Alex Sandro a spingere (i loro duelli sono una delle chiavi della partita). La Juve arriva così due volte al tiro con l’attaccante argentino.
Il gol di Higuaín, benché di chiara impronta personale, nasce da un’azione in cui la Juventus aveva dato a vedere questi principi. Sul successivo recupero palla su un poco concentrato De Rossi, il numero 9 si trova fronte alla porta con un paio di metri davanti a sé, e li sfrutta tutti. L’errore dei difensori romanisti è duplice: prima Fazio si lascia attrarre dal movimento ad uscire di Mandžukić (che invece deve essere assorbito dal terzino), poi Manolas si lancia in una sciagurata scivolata – partendo da fermo – quando avrebbe dovuto accompagnare Higuaín sull’esterno riducendogli l’angolo di tiro.
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Stanno tutti qui i 90 milioni
La Juventus non si scompone, ma la Roma attua qualche piccola contromisura. Spalletti chiede a Gerson più copertura e gli stringe la posizione, rendendo ancora più ibrido il ruolo di Nainggolan, che adesso si ritrova stabilmente alla sinistra di Marchisio. Purtroppo per la Juventus è una mossa che produce i suoi frutti: le distanze tra Sturaro e il mediano torinese non sempre sono ottimali, con il risultato di lasciare pericolose ricezioni avanzate al belga. La pressione della Roma negli ultimi 15 minuti della prima frazione nasce da queste situazioni. Tuttavia, anche quando si schiaccia ai 25 metri, la Juventus non dà mai veramente l’impressione di soffrire. Concede il possesso, sì, ma abbassandosi ulteriormente permette alla difesa di trovare posizioni e distanze reciproche, senza così concedere grosse occasioni alla Roma. Encomiabile in queste circostanze Mandžukić, che agisce da vero e proprio laterale sinistro andando a coprire una mancanza strutturale nello scacchiere bianconero. Quest’ultimo assume ora la forma di un 4-4-1-1 in cui i due riferimenti avanzati sono Pjanić e Higuaín, ma diventa più spesso ancora, quando Nainggolan rimane alto, un 4-1-4-1.
La Juventus senza palla. Notare Marchisio su Nainggolan e Mandžukić esterno.
Cambiare senza cambiare
Nell’intervallo Spalletti capisce di aver perso la scommessa Gerson (anche se lo difenderà davanti alle telecamere) e inserisce un Salah non al 100% per il giovane brasiliano. Il modulo della Roma invece non cambia, pur con una diversa interpretazione del ruolo da parte dell’egiziano. Nella Juventus né l’infortunio di Pjanić né l’uscita precauzionale di Lichtsteiner fanno cambiare la disposizione ad Allegri. Se da un lato è Cuadrado a prendere in consegna i compiti di trequartista, dall’altro è Barzagli a caricarsi il ruolo già ricoperto in passato di terzino destro.
Le due sostituzioni hanno sorte diversa. Il colombiano in particolare, senza la possibilità di attaccare l’interezza della fascia, perde in lucidità e non è mai veramente efficace nel decision-making. Il pressing della Roma porta la Juventus a schiacciarsi nella propria metà campo, ma Cuadrado non riesce mai a prendere le misure a De Rossi quando il centrocampista azzurro imposta, né a proporre una linea di passaggio verso la profondità una volta riconquistata palla. Volere la palla sui piedi in transizione è un limite da limare.
La Roma invece non sembra avere un piano B efficace alle ricezioni di Nainggolan, ben guardato da Marchisio: Perotti scompare dietro Barzagli come già aveva fatto con Lichtsteiner, Salah non riesce mai ad attaccare lo spazio dietro Alex Sandro. Nemmeno El Shaarawy riesce a farsi trovare nei mezzi spazi (dopo l’uscita di De Rossi e il consequenziale abbassamento di Nainggolan). Così, si fa ancora una volta affidamento ai lancioni di Szczęsny verso Džeko.
Il campo offre però due situazioni che ne limitano drasticamente l’efficacia. Da un lato, la Roma non ha più un giocatore scaltro ad attaccare le seconde palle o meglio ancora le sponde dell’ariete bosniaco (vedasi la meravigliosa efficacia di Florenzi contro l’Inter). Dall’altro, sia Chiellini che soprattutto Rugani hanno messo il guinzaglio a Džeko sui duelli aerei – ne vincerà solo 7 su 17 ingaggiati – , vanificando di fatto tale volontà di potenza. Il giovane centrale azzurro (cui dedichiamo qui un mini tributo) ha offerto in particolare una prova maiuscola, sempre attento nelle letture e preciso nel rilanciare l’azione. Un ottimo spot per chi diceva che non può studiare da vice-Bonucci.
La Roma si ritrova così a proporre un fraseggio orizzontale, contrario ai canoni di verticalità spallettiani e desolatamente sterile. La Juventus potrebbe approfittarne in transizione, ma non riesce mai veramente a concludere un contropiede, vuoi per errori tecnici (Sturaro, con la complicità di un finalmente ottimo Szczęsny), vuoi per valutazioni sbagliate (Marchisio e Cuadrado). Quella della gestione dei contropiedi è una componente negativa non nuova, ma che richiede una repentina soluzione. Come ha detto Allegri a fine partita, certe situazioni o si portano a termine, oppure si ricicla il possesso guadagnando tempo e possibilità di una nuova offesa. Motivo quest’ultimo per cui ha messo in campo Dybala, che in 10 minuti ha guadagnato preziosi falli nella metà campo avversaria, e portato in dote due cartellini gialli tra i giallorossi.
La partita si conclude sull’onda di questa melodia, che i giocatori bianconeri riescono ad armonizzare a proprio favore proponendo un gioco asciutto ma efficace. La Juventus è riuscita ad annullare una prima vague di intensità della Roma grazie ad una maggiore velocità di circolazione palla. Successivamente, si è chiusa frustrando il dinamismo giallorosso con linee basse e strette, costringendo gli ospiti ad un gioco in ampiezza in cui non sono mai stati veramente a proprio agio. Spalletti dovrà riflettere a una nuova struttura d’attacco, perché la proposta offensiva di ieri sera è stata ben poca cosa.
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È il co-responsabile del sito www.AterAlbus.it e di tutta la produzione scritta. "Il campo non mente mai", dice spesso mentendo.