di Davide Terruzzi
Con la vittoria del Chievo termina il primo blocco di sperimentazioni. Ora per Allegri è il tempo di raccogliere i dati e dare un volto più certo alla propria Juventus.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]”È[/mks_dropcap]una partita che va portata via in qualunque modo”. Non si può dire che Massimiliano Allegri non sia stato chiaro nella conferenza stampa alla vigilia della gara col Chievo, considerata una formazione organizzata grazie al lavoro di Maran. I giorni precedenti la sfida di Verona sono stati un corso accelerato di Juventus per i nuovi acquisti: il pareggio è considerato e vissuto un dramma, la vittoria un obbligo, le polemiche e i polveroni non mancano. I bianconeri arrivano così all’ultima gara di questo impegnativo blocco con la consapevolezza che l’unica cosa che conta sono i tre punti e che per ottenerli serve concentrazione, attenzione e determinazione almeno pari a quelle dei clivensi. Allegri conferma per la seconda volta consecutiva la difesa a 4 e si affida al 4-3-epoivediamo: in difesa cambiano gli uomini rispetto mercoledì (dentro Lichtsteiner, Benatia ed Alex Sandro), a centrocampo Pjanic gioca da interno destro, Hernanes è in cabina di regia, Sturaro sulla sinistra; davanti c’è Cuadrado che parte sulla destra dietro la consueta coppia di attaccanti centrali. Sulla panchina opposta Maran sceglie il 5-3-1-1 con Birsa chiamato a non lasciare troppo isolato l’unica punta centrale.
Le difficoltà posizionali in attacco
I primi minuti di gioco sono indicativi del piano partita del Chievo. La strategia di Maran è chiara, in linea con le previsioni e ricalca piani tattici analoghi utilizzati nelle sfide con la Juventus: il pressing iniziale è alto con l’intento di rallentare e ostacolare l’avvio di manovra bianconero. Nel meccanismo clivense si presta maggiore attenzione ai possibili riceventi piuttosto che occupare le linee di passaggio: gli esterni escono sui terzini, gli interni seguono a uomo gli omologhi avversari, le due punte stanno strette con l’intento di impedire la giocata in verticale. Le azioni del gioco vengono così convogliate verso l’esterno, con il centro del campo protetto dai tre difensori centrali e dai tre mediani. L’aggressività è alta per impedire alla Juventus di giocare tranquillamente. Superato il primo tentativo di pressing, il Chievo si posiziona nella propria trequarti difensiva con un 5-3-2 sempre fortemente orientato sull’uomo.
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La Juventus ha diversi modi per eludere il pressing. Si punta sulle qualità tecniche individuali dei singoli, sul palleggio paziente e prolungato con il coinvolgimento, sulla giocata in verticale per le sponde di Mandzukic. I giocatori di Allegri manovrano però eccessivamente su vie esterne senza riuscire a creare un consistente e pericoloso gioco interno. Il sistema utilizzato col Chievo è eccessivamente sbilanciato sulla destra dove si trovano i due principali creatori di gioco: Pjanic oscilla tra la mediana e la trequarti, abbassandosi per contribuire all’avvio di manovra per poi alzarsi una volta consolidato il possesso; Cuadrado si muove essenzialmente sulla fascia senza quei movimenti dentro il campo che sarebbero fondamentali anche solo per non giocare sulla stessa linea di Lichtsteiner. Sulla sinistra Sturaro è chiamato a movimenti dentro-fuori, attaccando la profondità per dare un punto di riferimento ad Alex Sandro, mentre le due punte lavorano sulla stessa linea, sono piatti, generalmente avulsi dalla manovra. Tutto questo comporta difficoltà nell’attacco posizionale con una occupazione degli spazi non propriamente efficace con gli spazi di mezzo, o corridoi che dir si voglia, non sempre riempiti.
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La prestazione in regia di Hernanes non ha sempre aiutato a velocizzare la manovra. Il brasiliano è una scelta considerata sicura per quanto riguarda l’apporto difensivo, mentre in fase di possesso oscilla tra giocate vecchio stampo, quelle in cui porta eccessivamente il pallone, ad altre in cui aiuta la veloce circolazione della palla aprendo il gioco sugli esterni.
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La pericolosità della Juventus nella prima mezzora di gioco dipende quindi dalla facilità con cui i giocatori riescono a creare degli strappi con azioni individuali, o in quelle occasioni, pochissime, nelle quali il Chievo è in ritardo nelle chiusure sull’uomo consentendo agli avversari di sviluppare in campo aperto le proprie trame. Mandzukic è stato il giocatore a dettare maggiormente movimenti negli spazi, generalmente ben servito da un Pjanic che sul centro-destra è a suo agio. Il Chievo con attenzione e aggressività riesce a tenere il punteggio sulla parità senza però rendersi mai pericoloso: i lanci lunghi sono una caratteristica clivense, vuoi per cercare l’immediata ripartenza, vuoi per attaccare la seconda palla con più uomini. La Juventus concede solamente un’occasione in ripartenza, situazione felicemente controllata da un solido e sicuro Benatia.
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La partita non può che essere sbloccata da un’iniziativa individuale o da un errore del Chievo. Arriva su una palla persa in uscita da parte di Gobbi. La Juventus versione 2016-2017, come sottolineato diverse volte, tenta un recupero più alto del pallone per effettuare delle transizioni più corte e brevi, non potendo più contare su giocatori con caratteristiche che potevano suggerire ripartenze con più metri da attaccare. L’intercetto di Cuadrado innesca l’azione con un Mandzukic bravo ad attaccare nei tempi giusti lo spazio.
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La Juve tenta ma non ci riesce
La gestione del vantaggio da parte della Juventus non è però ancora ottimale. La squadra nel secondo tempo offre delle spaziature più funzionali, grazie soprattutto alla posizione di raccordo tra reparti di Higuain, con un Chievo che è meno aggressivo, ma gli uomini di Allegri non danno l’impressione di riuscire a controllare la partita: l’intento è quello di abbassare i ritmi, e non accelerarli, punendo in contropiede gli avversari (e ci vanno molto vicini con l’attaccante argentino), ma basta poco per far cadere l’intero castello. Un errore in appoggio di un singolo, Lichtsteiner che cerca un improvvido passaggio verso il centro del campo, o un contropiede. L’azione che porta al rigore è una situazione di gioco che la Juventus non dovrebbe concedere: la squadra è posizionata male (Sturaro è avanzato, Mandzukic era rimasto a terra) su una rimessa laterale nella propria trequarti offensiva, Pjanic e Hernanes collassano sull’esterno lasciando abbandonato lo spazio davanti la difesa e non oscurano la linea di passaggio verso Birsa, nel frattempo spostato da Maran nella posizione di trequartista nel 4-3-1-2 disegnato dopo l’iniziale svantaggio, bravo poi a verticalizzate immediatamente per Pellissier: Lichtsteiner accompagna il movimento dell’attaccante non tenendo la linea del fuorigioco assieme ad Alex Sandro. La frittata è fatta, l’uno a uno è servito.
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L’invenzione dell’artista
Il nuovo modulo clivense protegge però il campo in maniera meno razionale ed efficace con i terzini bianconeri che hanno ora la possibilità di portare su il pallone senza eccessiva pressione. Il gioco bianconero vive di fiammate e di strappi non consentendo alla squadra di posizionarsi correttamente per effettuare una transizione negativa tesa al recupero immediato del pallone; il Chievo ha la possibilità di attaccare in campo aperto ma la difesa della Juventus controlla agevolmente queste situazioni. Per sbloccarla serve l’invenzione di un artista e Pjanic può essere sicuramente considerato un maestro delle punizioni. Il gol del definitivo 2-1 suggerisce ad Allegri un cambio tattico: fuori Higuain, dentro Evra, per passare al 5-4-1 lasciando più spazio alle avanzate di Alex Sandro e Cuadrado. La Juventus nel finale si divora due occasioni clamorose (nella prima Alves è bravissimo a portare il pressing individualmente; la seconda vede Pjanic zidaneggiare e Cuadrado fumarsi gli avversari per poi dimenticarsi di segnare) e Sorretino si supera su un’altra punizione del bosniaco.
È giunto il tempo delle prime conclusioni
La Juventus ritorna così a Torino con i tre punti, meritati, e chiude questo blocco con un vantaggio di quattro punti sulla Roma. Allegri sta sempre più virando sulla difesa a 4, utilizzando quella a 3 come sistema da utilizzare in corsa per blindare il risultato. Già nelle occasioni in cui un terzino era stato utilizzato come centrale nel 3-5-2 di partenza si poteva questa spostamento, graduale ma costante, verso un sistema più nelle corde del tecnico bianconero. La Juventus continua a difendere con un 4-4-2 fortemente orientato sull’uomo, ma pecca ultimamente nelle coperture preventive, una situazione che è fortemente legata a come s’attacca. Le difficoltà in fase d’attacco posizionale rappresentano l’aspetto su cui Allegri e i suoi uomini dovranno maggiormente lavorare nelle prossime settimane; il recupero di Dybala consentirà di avere nuovamente a disposizione quel raccordo necessario tra i reparti, ma i rifornimenti ad Higuain non possono dipendere da un solo uomo. L’impressione è che il tecnico bianconero abbia utilizzato questi primi mesi per praticare degli esperimenti prestando attenzione ai verdetti del campo. La prestazione col Chievo potrebbe e dovrebbe indicare come Pjanic sia un interno di possesso che sul centro-destra riesce ad esprimersi al meglio: gioca nella zona del suo piede forte, guadagna un tempo di gioco, vede più campo. Un altro suggerimento arriva da Cuadrado: se lui garantisce l’ampiezza, il terzino deve muoversi per vie interne. Ora arriva la pausa e Allegri avrà tempo per riflettere sui dati ottenuti nelle sperimentazioni di questi mesi.